«Ambienti ospedalieri vivibili riducono lo stress e migliorano approccio a malattia»

Umanizzare i luoghi di cura deve essere tra le priorità per il bene dei pazienti e degli operatori sanitari.

Dante Palli, primario di chirurgia senologica dell’ospedale di Piacenza, spiega: «La diagnosi va comunicata in un luogo idoneo e con i tempi giusti. Informare le pazienti in modo frettoloso, magari in corridoio, o tra un esame e l’altro, è inaccettabile»

Macchinari d’avanguardia, alta tecnologia, personale qualificato dal punto di vista professionale e psicologico. Ma non è tutto. Anche la vivibilità ed il comfort dei luoghi di cura sono elementi indispensabili per offrire al paziente una struttura ospedaliera valida ed efficiente, soprattutto di fronte ad una diagnosi di malattia grave.

Porre il malato al centro della cura, con i suoi sentimenti, le sue percezioni e il suo stato d’animo rispetto al proprio stato di salute è importante. Quando arriva una notizia così spiacevole, deve iniziare un percorso di assistenza multidisciplinare per garantire ai pazienti una presa in carico a 360°. Dante Palli, Responsabile Chirurgia Senologica all’Ospedale di Piacenza, è convinto che sia necessario dare il massimo non solo dal punto di vista chirurgico oncologico ma anche da quello dell’assistenza psicologica. E non solo. Un altro aspetto importante è rappresentato dagli ambienti in cui si trovano a trascorrere del tempo, loro malgrado, le donne a cui è stato diagnosticato un tumore al seno. Tempo che impiegherebbero volentieri altrove. E allora, che sia un luogo più accogliente, gradevole e vivibile possibile.

L’ospedale non è soltanto un luogo di cura ma anche di ascolto, sostegno e supporto psicologico. Che cosa significa “umanizzare la cura” e come lo si può fare, soprattutto nei confronti delle donne che hanno ricevuto, purtroppo, diagnosi gravi?

«Il processo di umanizzazione delle cure passa attraverso vari step: a Piacenza abbiamo sempre avuto una grande attenzione nell’interfacciarci e comunicare con le donne pazienti. Ora, abbiamo fatto un passo ulteriore: abbiamo ritenuto, pensato e creduto nel fatto che rendere più agevoli, più gradevoli e più vivibili gli spazi all’interno dei quali le signore vengono per vari motivi – ottenere una diagnosi, essere, il più delle volte, rassicurate o ricevere anche notizie sgradevoli – possa aiutare non solo una maggiore comprensione e fiducia ma anche una migliore condizione psicologica e accettazione delle cure. Viviamo una realtà in cui il tempo è un bene prezioso e quasi quantificabile; nessuno di noi vorrebbe sprecarlo, soprattutto nelle sale d’attesa di un ospedale, dove ognuno di noi non vorrebbe mai essere o trascorrere meno tempo possibile. Ed è per questo che quando ci “tocca” e siamo obbligati a farlo, un ambiente accogliente ci permette di uscire da uno stato psicologico di stress e ci consente anche di approcciarci alle cure, alle diagnosi e ai trattamenti in una maniera più serena e tranquilla. Tutto questo porta anche ad un’accettazione migliore del percorso che dobbiamo affrontare».

A proposito di questo, oltre allo spazio che circonda il paziente e il medico, quanto è importante una buona ed efficace comunicazione tra il professionista sanitario e la paziente?

«L’aspetto della comunicazione è molto importante, deve essere controllato in una maniera molto precisa; la comunicazione delle diagnosi, specialmente, deve essere effettuata in un ambiente idoneo e, soprattutto, con tempi idonei. Informare le pazienti in modo frettoloso, in mezzo ad un corridoio o tra un esame e l’altro è qualcosa di inaccettabile. Pensiamo che debba essere fatto all’interno di spazi dedicati, con tempi dedicati e soprattutto da professionisti preparati anche a questo, dal momento che devono affrontare quotidianamente l’ingrato compito di comunicare diagnosi anche negative alle persone. Per questo, è importante che le strutture siano dotate di servizi di assistenza, sostegno e supporto psicologico per aiutare le pazienti ma anche gli operatori sanitari che hanno questo difficile compito da assolvere».


Fonte: Sanità Informazione