Emodialisi Napoli, arriva il cane Pongo

Un cane in corsia, progetto sperimentale su pazienti in emodialisi a Napoli.

Pongo è un Labrador di 8 anni. E sarà ricordato come il primo medico a quattro zampe tra i pazienti in dialisi.

Un cane nella storia. Come fu per Laika, la cagnolina che il 3 novembre 1957 fu imbarcata a bordo della capsula spaziale sovietica Sputnik 2. Questa volta invece dello spazio, si tratta di un lancio in corsia, tra camici bianchi e pazienti in attesa di emodialisi. Il progetto sperimentale di pet therapy è tutto napoletano.

È il primo a livello internazionale. È in corso in un centro di emodialisi partenopeo, il Kidney. Autorizzato dal dipartimento di Veterinaria e dall’Università Federico II, il progetto, come riferisce l’agenzia Vista, sta dando già risultati sorprendenti: non solo influisce sulla sfera umorale dei pazienti, ma fa registrare positivi riscontri anche attraverso alcuni parametri medici. Uno su tutti: la pressione arteriosa, che di solito si abbassa durante il trattamento, resta stabile. I dottori Giovanni Capuano e Giuseppe Matarese, rispettivamente amministratore unico e direttore sanitario del centro Kidney, insieme a Giuseppe Ceparano psicologo e psicoterapeuta del centro di Fuorigrotta a breve potrebbero rendere noti i risultati positivi e aprire così la strada anche ad altri centri di dialisi.

Vale la pena ricordare che con il termine pet therapy si indica letteralmente la terapia dell’animale da affezione. Definita anche zooterapia, si attua affiancandola a cure tradizionali, trattamenti e interventi socio-sanitari già in corso. Essa non rappresenta una terapia a sé, ma si identifica come un intervento sussidiario che aiuta, rinforza, arricchisce e coadiuva le tradizionali terapie e può essere impiegata su pazienti di qualsiasi età ed affetti da diverse patologie, con l’obiettivo di miglioramento della qualità di vita dell’individuo e del proprio stato di salute rivalutando, nel contempo, il rapporto uomo-animale.

Ulteriore scopo di queste co-terapie è quello di integrarsi con le normali attività terapeutiche, facilitando l’approccio delle varie figure sanitarie e riabilitative, soprattutto nel caso in cui il paziente non dimostri collaborazione spontanea. La presenza di un animale permette in molti casi di consolidare il rapporto emotivo con il paziente, favorendo il canale di comunicazione paziente-animale-medico e stimolando una partecipazione attiva del soggetto stesso.

Fonte: Nurse24.it