Chi aiuta un suicidio non è sempre punibile, dice la Corte Costituzionale

La Consulta si è espressa sul caso di Marco Cappato, sotto processo per avere aiutato a morire Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo.

La Corte Costituzionale si è espressa oggi sul caso di Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, accusato di avere aiutato Fabiano Antoniani, più conosciuto come dj Fabo, a suicidarsi: Antoniani era rimasto paralizzato e cieco dopo un incidente. Dopo giorni di udienza, la Corte ha stabilito che non è sempre punibile chi aiuta una persona a suicidarsi, cioè «chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

Nel febbraio 2017 Cappato, storico leader dei Radicali di Milano e promotore della campagna “Eutanasia legale”, aveva accompagnato Antoniani nella clinica svizzera dell’associazione Dignitas per il suicidio assistito, visto che in Italia la procedura era illegale. Era stato lo stesso Cappato a dare la notizia della morte di Antoniani, il 27 febbraio. Quella mattina Antoniani aveva scritto su Facebook: «Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco, grazie mille».

Dopo la morte di Antoniani, era iniziato il procedimento contro Cappato, che era stato accusato di avere violato l’articolo 580 del codice penale, che punisce chiunque determini «altri al suicidio o rafforzi l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevoli in qualsiasi modo l’esecuzione». Nel febbraio 2018 il tribunale di Milano aveva deciso che le accuse a Cappato dovevano essere valutate dalla Corte Costituzionale, dopo che la pm Tiziana Siciliano aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale del reato di aiuto al suicidio, che prevede una pena fra i 6 e i 12 anni di carcere.

Nell’ottobre dello stesso anno la Corte aveva sospeso la sua decisione, annunciando che l’avrebbe esaminata solo nel settembre 2019 come richiesto dalla presidenza del Consiglio, per dare modo al Parlamento di legiferare in materia e approvare una «appropriata disciplina» sul suicidio assistito. Finora, comunque, non è stata approvata alcuna legge sul tema.

La Corte «ha subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua (articoli 1 e 2 della legge 219/2017) e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del Servizio Sanitario Nazionale, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente». Dopo la sentenza, Cappato ha detto: «La Corte costituzionale ha chiarito che era anche un suo diritto costituzionale per non dover subire sofferenze atroci. È una vittoria di Fabo e della disobbedienza civile, ottenuta mentre la politica ufficiale girava la testa dall’altra parte. Ora è necessaria una legge».

L’Agenzia Europea per i Medicinali ha chiesto di fare controlli specifici su tutti i farmaci che potrebbero contenere una sostanza probabilmente cancerogena

L’EMA, l’Agenzia Europea per i Medicinali, ha chiesto, in forma precauzionale che tutte le aziende e gli enti che hanno a che fare con il commercio di farmaci nell’Unione Europea si accertino che in quei farmaci non siano presenti tracce di N-nitrosodimetilammina, una sostanza considerata «probabilmente cancerogena» dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sulla base di studi condotti su animali. Il comunicato dell’EMA è arrivato dopo che il 24 settembre l’Agenzia Italiana del Farmaco aveva vietato l’utilizzo di farmaci contenenti ranitidina, perché in alcuni di essi erano appunto state trovate tracce di N-nitrosodimetilammina.

I farmaci oggetto del ritiro

Tutti i farmaci ritirati dal mercato per ordine dell’AIFA sono prodotti a base di ranitidina, una molecola simile all’istamina che non permette a quest’ultima di legare i recettori H2 presenti sulle cellule della parete dello stomaco. Questi sono dei recettori che, se attivati dall’istamina, inducono secrezione di acido gastrico. Il legame della ranitidina occupa i recettori senza determinarne un’attivazione, impedendo così all’istamina di svolgere la sua funzione.

In alcuni dei lotti di ranitidina, tuttavia, le autorità competenti hanno rinvenuto la presenza di un composto anomalo. Si tratta della NDMA (N-nitrosodimetilammina), ovvero un composto appartenente alla famiglia delle nistrosammine.

Generalmente l’esposizione a NDMA avviene attraverso l’ingestione di acqua contaminata ed è certamente presente in alcuni pesticidi. A seguito di esperimenti condotti su modelli animali, questa sostanza è stata considerata potenzialmente cancerogena per l’uomo.

L’NDMA è associato al cancro gastrico e del colon, sebbene studi sull’esposizione attraverso l’acqua non ve ne siano stati e si ritenga che esposizioni a quantità estremamente basse possano risultare poco importanti.

Nel caso dell’azienda farmaceutica, la sua presenza potrebbe indicare un malfunzionamento degli impianti di produzione, sui quali si stanno già effettuando i necessari controlli.

L’Azienda Italiana del Farmaco, ritirando dal mercato molti lotti di prodotti ha preso una precauzione importante. Non è detto, infatti, che in tutte le partite di farmaci contenti ranitidina indiana vi siano tracce di NDMA, ma essendo in gioco la salute dei cittadini non è possibile evitare controlli molto serrati.

Nella sua nota, l’AIFA, evidenzia come si stiano intraprendendo analisi per controllare anche tutti gli altri farmaci a base della stessa sostanza prodotta in altri stabilimenti e come decisioni analoghe sono state prese, in passato, anche in altre situazioni ed in altri Paesi Europei.

Per tutti coloro che sono in trattamento con uno dei farmaci presenti nella lista il consiglio di AIFA è quello di recarsi dal proprio medico per valutare un cambio terapeutico nel più breve tempo possibile, senza la necessità di sospendere la terapia.

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L’assistenza al paziente autosufficiente durante l’igiene, procedura Oss

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La funzione complementare dell’OSS Specializzato

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