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Lotta al cancro, la cura per “lui” e per “lei”

Promuovere un approccio di genere in medicina diventa sempre più necessario.

Le differenze nei due sessi –  a partire da quelle anatomiche passando per il funzionamento del sistema immunitario fino ad arrivare alla “risposta” a malattia e farmaci –  influiscono su prevenzione, diagnosi e cura delle patologie.

Diversi studi proprio sulle differenze di genere del funzionamento del sistema immunitario sono stati effettuati da Lucia Gabriele del dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità di Roma, uno dei quali è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology. La dottoressa ritiene che le immunoterapie possano diventare ancora più efficaci se diversificate per genere sviluppando combinazioni di farmaci diverse “per lui” e “per lei”.

Il team dell’ISS, in collaborazione con il Professor Paolo Marchetti dell’Ospedale S. Andrea(Roma) e con il Professor Paolo Ascierto dell’Istituto Nazionale Tumori di Napoli (Fondazione Pascale) evidenzia che c’è una importante differenza maschio-femmina in alcuni aspetti della risposta immunitaria al cancro e che tale differenza può condizionare la risposta dei pazienti all’immunoterapia, che è una delle nuove frontiere nella lotta al cancro e che ha considerevolmente cambiato negli ultimi anni la sopravvivenza a tumori quali il melanoma e il cancro del polmone.

«Più in generale – specifica la dottoressa Gabriele all’Ansa – sappiamo che ci sono differenze nel funzionamento delle difese del corpo maschili e femminili. Non a caso le donne sono più soggette a malattie autoimmuni, proprio perché il loro sistema immunitario è per certi versi più attivo. Inoltre, ci sono evidenze scientifiche che mostrano che negli animali con tumore le femmine tendenzialmente hanno una maggiore capacità rispetto ai maschi di contenere la crescita tumorale nella sua fase iniziale, perché la “risposta innata” (ovvero l’innesco della reazione immune che avvia meccanismi di difesa più specifici contro il cancro) è inizialmente più attiva nelle femmine.Questo può avere ricadute cliniche importanti, perché può favorire l’efficacia dell’immunoterapia nelle pazienti almeno in fase iniziale di cura. Poi però questa maggiore attivazione immunitaria femminile può divenire alla lunga svantaggiosa, fino a compromettere l’efficacia dei farmaci stessi» sottolinea.

«Lo studio di queste differenze di genere sarà importante per rendere ulteriormente efficaci le immunoterapie, che sono sì l’ultima frontiera terapeutica contro i tumori – ribadisce la scienziata – ma ci si accorge che c’è ancora una consistente frazione di pazienti che non risponde all’immunoterapia, motivo per cui si cominciano ad usare terapie combinate che però sono più tossiche per i pazienti. Con la scoperta delle differenze di genere nella reazione immunitaria al cancro si potranno sfruttare queste differenze per fare combinazioni farmacologiche più efficaci e più sicure al tempo stesso. Questa diversità di genere è importante e non può essere sottovalutata. Una volta che avremo raggiunto le evidenze sperimentali si potranno sviluppare protocolli terapeutici differenziati per genere» conclude la dottoressa.


Fonte: Sanità Informazione