La manovra di Valsalva

Che cos’è la manovra di Valsalva e a cosa serve

La manovra di Valsalva (MV) consiste in un’inspirazione relativamente profonda seguita da un’espirazione forzata a glottide chiusa della durata di circa 10 secondi. Tale operazione può essere utilizzata per scopi diversi, ad esempio per diminuire la frequenza cardiaca in caso di tachicardia o calmare un singhiozzo fastidioso.

La manovra di Valsalva aumenta notevolmente la pressione intratoracica e la pressione intraddominale, favorendo tra l’altro lo svuotamento dei visceri. Questa operazione diviene quindi spontanea sia durante la defecazione sia durante il sollevamento di un carico pesante.

Durante la manovra di Valsalva la contrazione dei muscoli dell’addome e degli altri muscoli espiratori trasforma la cavità addominale in una vera e propria camera gonfiabile, racchiusa da pareti molto rigide e resistenti.

Alcuni studi hanno dimostrato che questa azione permette di ridurre fino al 50% la pressione che agisce a livello del disco intervertebrale T12-L1 e del 30% a livello del disco L5-S1.

I primi ad utilizzarla furono medici arabi nel XI secolo d.C. e solo molto tempo dopo fu introdotta nella pratica clinica da medici italiani. Infatti, l’utilizzo diagnostico di questa manovra è attribuibile ad Antonio Maria Valsalva, un medico italiano vissuto tra il XVI e XVII secolo.

Inizialmente tale manovra veniva adoperata per rimuovere suppurazione e corpi estranei dall’orecchio. Successivamente, l’attenzione si è spostata sulle variazioni emodinamiche prodotte dalla sua esecuzione che si sono rivelate utili nell’iter diagnostico di numerose condizioni patologiche.

Le fasi della manovra di Valsalva

La dinamica della MV contempla quattro fasi:

  1. fase di inizio della tensione
  2. fase di tensione
  3. fase di rilasciamento
  4. fase di recupero

Normalmente, la fase 1 è caratterizzata, durante l’espirazione a glottide chiusa, dall’aumento della pressione intratoracica e della pressione arteriosa sistolica a causa della compressione dell’aorta.

Successivamente, durante la fase 2, si assiste alla diminuzione del ritorno venoso e della pressione arteriosa sistolica secondarie al permanere, a livello intratoracico, di una pressione positiva. Contemporaneamente, si assiste all’incremento della frequenza cardiaca. Durante le fasi successive di rilasciamento e di recupero, la rapida riduzione della pressione intratoracica determina l’attivazione di una serie di meccanismi di compenso fisiologici.

Specificamente, la rapida modifica del volume ematico presente nel sistema vascolare polmonare determina una brusca riduzione della pressione arteriosa sistolica (fase 3) e, successivamente, l’aumento della portata cardiaca, la vasocostrizione periferica da iperattività simpatica e la riduzione della frequenza cardiaca, determinano l’incremento della pressione arteriosa sistolica (fase 4).

Quando si usa la manovra di Valsalva

La MV è stata largamente utilizzata nella semeiotica “classica” per la valutazione dei pazienti con scompenso cardiaco e per una più approfondita valutazione dei soffi cardiaci. L’avvento di metodiche di imaging più moderne quale è l’ecocardiografia, ha ridotto l’utilizzo di tale manovra nella pratica clinica.

Tuttavia, essa rappresenta ancora un valido aiuto nel laboratorio di ecocardiografia nella valutazione della funzione diastolica del ventricolo sinistro, nella valutazione dell’entità dell’ostruzione all’efflusso del ventricolo sinistro nella cardiomiopatia ipertrofica e nella diagnosi di pervietà del forame ovale (PFO) per la valutazione dello shunt destro-sinistro ad esso associato.

Inoltre, la MV conserva una discreta utilità nella valutazione semeiotica classica di numerose condizioni cliniche cardiovascolari come la diagnostica dei soffi cardiaci sistolici, le aritmie e lo scompenso cardiaco.

Valsalva, gli effetti della manovra

La Manovra di Valsalva determina aumento del tono vagale e rallenta la conduzione e la refrattarietà del nodo atrioventricolare. In tal modo questa manovra consente di:

  • ridurre transitoriamente la frequenza cardiaca in casi di tachicardia sinusale agendo sulla frequenza di scarica del nodo seno-atriale;
  • interrompere episodi di tachicardia da rientro a livello del nodo atrioventricolare e rientro atrioventricolare;
  • slatentizzare (senza interrompere) casi di tachicardia parossistica sopraventricolare, flutter e fibrillazione atriale.

Nella valutazione del paziente con scompenso cardiaco l’esecuzione della MV a letto del paziente risulta di grande aiuto permettendo di documentare l’eventuale presenza di disfunzione ventricolare.

Studi sull’applicazione della manovra di Valsalva

Nel 2006 è stato pubblicato uno studio clinico randomizzato per verificare se durante l’incannulamento venoso è possibile ridurre la percezione dolorosa stimolando il nervo vago con la manovra di Valsalva.

Sulla base dell’ipotesi che la stimolazione del nervo vago riduca la percezione dolorosa, un campione di 110 pazienti è stato diviso in due gruppi. Il gruppo A si è sottoposto al posizionamento di un agocannula durante la manovra di Valsava e il gruppo B si è sottoposto all’incannulamento senza manovra di Valsalva.

La valutazione del dolore(LINK) è stata effettuata con una scala numerica da 0 a 10. I risultati mostrano una differenza statisticamente significativa (P <0.0001) tra la media dei punteggi forniti dal gruppo A (1.5) rispetto al gruppo B (3.1). Gli autori quindi concludo che la manovra di Valsava è un metodo semplice e pratico per ridurre il dolore durante la venipuntura.

Questo studio non è stato svolto su bambini, ma potrebbe rappresentare un’interessante possibilità da approfondire.


Fonte: Nurse24.it